Bevi tanta acqua e la tua pelle sarà più radiosa, i tuoi capelli splenderanno e il tuo corpo si sgonfierà. È il mantra che sentiamo ripetere dalle amiche e nelle pubblicità. Più acqua fa bene e ci rende belle, d’accordo, ma quanta? E, soprattutto, quale? Ed è vero che bere molto previene le rughe? Ne abbiamo parlato con il dottor Carlo Lazzarini, esperto in Medicina Funzionale, Nutrizione e Bioaging e Condirettore Scientifico di Villa Paradiso di Gardone Riviera (Bs).
L’effetto beauty di un’adeguata idratazione deriva innanzitutto dall’azione detossinante e dall’eliminazione delle scorie e delle tossine, che sono i principali colpevoli dell’invecchiamento cutaneo e del colorito spento. Ma c’è dell’altro: una bevuta di acqua permette d’introdurre nel nostro corpo anche oligoelementi come calcio, sodio e ferro, che sono utili per il benessere di tutto l’organismo. Non è necessario comprare acqua in bottiglia – se proprio si vuole meglio sceglierla in vetro o in plastica riciclabile – perché gli oligoelementi sono presenti anche nell’acqua di rubinetto.
Sugli scaffali del supermercato si trovano, inoltre, acque minerali oligominerali e mineralizzate a seconda di quanti minerali contengono. Quali scegliere? Le oligominerali (cioè con residuo fisso inferiore 50 mg/litro) possono essere indicate per depurare l’organismo dalle tossine e per un’azione drenante e di ricambio dei liquidi attraverso la stimolazione della diuresi (la famosa plin plin).
In generale dovremmo bere tra 1 litro e mezzo e i 2 litri al giorno di acqua, specialmente quando fa molto caldo, per reintegrare i sali e i liquidi che espelliamo con il sudore. D’estate, soprattutto se si fa sport, potrebbe essere utile reintegrare i sali persi con la sudorazione (calcio e sodio) bevendo acque “medio minerali” (residuo salino fisso oltre 300 mg/litro) o le “fortemente mineralizzate” (oltre i 1.500 mg/litro).
Se si vuole bere di più (oltre i 2-3 litri) andrebbe consultato un medico esperto in terapie a base di acque termali, che vengono scelte in base alle esigenze curative e a diversi parametri, come per esempio il pH: per alcuni problemi sono più salutari le acque “acidule” (con pH 6-6.9), per altre esigenze invece le più alcaline (pH maggiore di 7.9-8).
“La determinazione del pH – spiega il dottor Lazzarini – è molto importante, perché l’organismo umano per l’effetto dei radicali acidi liberi tende a ossidarsi ovvero a invecchiare. Per rallentare questo processo è utile, oltre a mangiare correttamente, introdurre ogni giorno una quantità di acqua pura compresa fra 1,5 e 2 litri con un pH leggermente acido. Considerate le generose quantità di acqua necessaria giornalmente non è consigliabile bere acqua addizionata con anidride carbonica, che potrebbe causare gonfiore allo stomaco”.
Come per tutto, anche per quanto riguarda l’acqua occorre fare attenzione a non esagerare: un consumo eccessivo potrebbe danneggiare perfino l’attività cardiaca e cerebrale. A metterci in guardia dall’abuso di acqua è la Whiteley Clinic di Londra, che ha coniato un termine, aquaholism, che indica una forma di dipendenza che ha come effetto la necessità di bere di continuo, anche quando non se ne sente il bisogno.
Residuo fisso: la quantità di minerali che rimangono sul fondo della provetta facendo bollire ed evaporare l’acqua a 180°. Più è alto, più l’acqua è ricca di sostanze minerali e, in generale, benefica per l’organismo. Le acque con residuo fisso sopra gli 0,5 grammi per litro sono però controindicate per chi soffre di calcoli renali, che devono preferire acque meno mineralizzate.
Ph: indica l’acidità o l’alcalinità dell’acqua. Sopra il 7 l’acqua è alcalina, sotto è acida.
Calcio: indica la “durezza” dell’acqua. Oltre i 300 mg/l si tratta di acque particolarmente “dure”, controindicate per chi soffre di calcoli renali.
Sodio: la concentrazione media è tra i 20 e i 50 mg/l. Dato che un eccesso di sodio può fare aumentare la pressione arteriosa, gli ipertesi non dovrebbero superare questi limiti.